lo sono andato a vedere per tre motivi essenziali:

  1. Nanni Moretti
  2. Silvio Orlando
  3. la Locandina

dire che il film mi sia piaciuto è il minimo.. ottima regia, pochi momenti di empasse e tanta poesia mista a nevrosi da vita moderna. La storia racconta di questo eccessivo attaccamento alla figlia (grandissimo talento!) da parte di Moretti dopo un forte trauma e nell’attenderla tutti i giorni fuori scuola si sviluppano una serie di situazioni paradossali, comiche ed intriganti che portano l’osservatore a calarsi nel giardino degli eventi. L’ho trovato “stranamente” fluido, non eccessivamente pesante e con tutto che Silvio (Orlando, ndr) si veda solo tre quattro volte ne vale davvero la pena. Grande sorpresa personale per un Alessandro Gassman a mio modesto avviso pienamente nei panni del ruolo.. La famigerata scena di sesso a me è piaciuta perchè molto reale anche se c’è chi ha osservato che non si tratta di una scena a presa unica, senza montaggi. Se effettivamente è così a me sembra giusta, anche se forse gratuita. Insomma un film da vedere, spero presto di leggerne anche il libro che ho sbirciato in libreria e che sembra scritto con lo stesso passo sincopato del film, speriamo.

In Italia con il titolo “Svalvolati on the road”, Wild Hogs è un film divertente e scorrevole che tratta di quattro ragazzoni a caccia di emozioni perdute in un viaggio tutt’altro che liscio.

Nella loro avventura, i quattro intrepidi quanto non scontati biker incontreranno un originale poliziotto gentile, piacevole omaggio per i fan di scrubs, tre sceriffi da quattro soldi, macchiette improponibili della giustizia di paese e una banda rivale con la quale fare a cazzotti e…

… e non dico altro che poi ci perdete il gusto di vedervelo 😀

un consiglio: da vedere in gruppo, rende dodici volte tanto, soprattutto se avete amici come il cantante/showman di paese.

Un finale sicuramente inatteso è sicuramente quello che resta di più, in mezzo tanta avventura alternata a solitudine, riflessioni, un ottimo screenplay ed una colonna sonora impregnata di semplicità  e lavorata ad arte da Eddie Vedder (voce intensa e baritonale dei Pearl Jam).
Un film difficile da recensire, che più di tanti altri permette una critica soggettiva, ognuno quindi dovrebbe vederlo e sono sicuro uscirebbero pareri discordanti e diversi.
Tecnicamente parlando il film si divide in quattro capitoli che seguono il viaggio di questo ragazzo molto sui generis e ci si riscopre al fianco di un moderno anti-eroe decadente alla ricerca della sua dimensione post-adolescenziale troppo salda su valori traballanti come l’ottima carriera scolastica e la poco approfondita libertà , affogata ed ingabbiata da una società  che pensa troppo alla facciata come la bella macchina ed i soldi (che rendono prudendi le persone, come egli stesso afferma).
Un film che consiglio ma del quale non mi assumo responsabilità  sull’effetto. Forse troppo approfondita la sua analisi a svantaggio di personaggi secondari accennati, schizzati solo sulla tela globale del film, scelta anche questa interpretabile tranquillamente come voluta.
In alcune sequenze lento, vanta però nel complesso una sua linearità  se se ne considera la durata totale.

Personalmente dò tranquillamente un pollicione alto a musiche ed alcune scelte di sovrapposizioni flashback/flashforward che mi hanno ricordato tantissimo 21 grammi.. sarà  che anche allora c’era Sean Penn anche se non dietro la macchina da presa?

La storia è una delle tante storie d’amore alla quale siamo abituati.. Attilo ama Vittoria.

Ma come al solito Benigni arricchisce la trama che vede Attilio alla ricerca dell’amata in guerra in Iraq dove svolgeva un intervisa e dove rimane ferita, con la poesia e la forza espressiva alla quale ci ha da sempre abituati.

Nel cast spicca il nome di Jean Reno, grande artista francese nel ruolo di un poeta iracheno.

Ci troviamo all’Accademia Welton, scuola elitaria e conformista nel Vermont, dove John Keating, nuovo insegnante di materie umanistiche sconvolge e sgomenta con i suoi metodi di insegnamento sicuramente alternativi.

Siamo nel 1959 e gli unici che sembrano apprezzare l’originale professore sono gli alunni della sua classe. Oltre ad uno spiccato senso dell’uomorismo ed un’intelligenza pungente Keating prpone come metodo pedagogico la poesia come centro di tutto, attorno alla quale far ruotare qualsiasi cosa, sviluppando lo spirito creativo dell’individuo ed elevando i suoi ragazzi alla contemplazione e l’amore per Keats, Withman o Sheakespeare.

Tra gli alunni spicca Neil Perry che con alcuni suoi compagni fonda la “società  dei poeti estinti” (titolo anglosassone originale) che di notte lasciano l’Accademia per riunirsi in una grotta per scambiarsi pensieri e recitare poesie

Un duro clpo per il conformismo dell’Accademia che con la paura e la vigliaccheria delle minacce cercherà  piano piano di sgretolare la società  dall’interno.

Un finale molto significativo e forte per un film che regala un paio d’ore in una realtà  molto profonda, fatta di amicizia, di voglia di espressione e tanto amore per la cultura amata più ce indottrinta.

Un film impegnato e impegnativo per la perla dei registi e uomini digrande spirito del cinema italiano.

Sul finire degli anni trenta Benigni disegna una favola buona nei campi di concentramento dove Guido (Roberto Benigni) ed il piccolo Giosuè avuto dalla moglie cinematografica e reale Dora (Nicoletta Braschi).

Una storia davvero commovente, toccante, su come un uomo come Benigni sia essenzialmente capace di trasformare tutto in poesia ed amore