mani che cercano altre mani

Sono piccine e cercano, cercano, sono smaniose, nei bimbi c’è un’ipercuriosità  tattile.. hanno sete di superici ruvide e lisce, di calore e freddo, di tutto quello che le dita possano scorrervi sopra ed ottenerne in cambio impulsi da sparare nel cervello. Sono piccole e gonfie, tozze, sottili e fragili, piccoli involucri di tenerezza, biscottini di dolcezza. Cercano il seno della madre, si poggiano ad un volto con una saggezza di chi ha in sè il senso vergine della vita e ne fa dono agli altri.

Crescono, si fanno piene di fango, premono sul pavimento, fanno tesoro di microbi e batteri, di marmellata e nutella, impugnano matite e cucchiai come strumento di creatività  su foglio e su pareti.. cercano poi di nascondere la timidezza comprendo un sorriso dolce che solo i bimbi possono osare.

Le vedi spesso intrecciare e salde e non lo penseresti mai, se pensi che quei bimbi che si stagliano in quel pomeriggio in riva al mare hanno sì e no tre anni, eppure è la forma di amore più semplice ed immediata, si incontrano si legano ed un legame è formato e compiuto.

Si perdono col tempo quelle mani.. come se avessero altro da fare.. costruiscono oggetti, realizzano sogni talvolta, scrivono tanto o le volte preferiscono soltanto sfregare degli occhi stanchi di troppa solitudine.

Riacquistano peso quando arricchiscono un bacio di quell’essenza misteriosa che ha il sapore di brivido quando scorrono due braccia alla ricerca dei loro simili.. li trovano.. li avvolgono.. si abbracciano in un piccolo segno di unione.. poi vengono ricambiati da un palmo destato dalla sua inerzia verticale per poi iniziare un rito tribale in cui le dita danzano e si avvolgono in una specie di amalgama di carne ed emozione.

Sono lì che si trovano nel buio, quando abbiamo paura, lì che si stringono, quando cerchiamo riparo dalla sofferenza, lì che si desiderano, quando sentono sotto di loro le lenzuala e piano arrivano dove appagare il loro irrefrenabile istinto di affetto.

Sono piene di pieghe quelle di due anziani alla panchina, ma nn diresti mai che sono stanche di stringersi e tenersi, come fanno di due anziani che della vita in quella silenziosa, armoniosa e perfetta stretta rivivono e continuano a far vivere l’amore di una vita. Si alzano i due dalla panchina, si tengono sempre per mano, si aiutano con quelle libere, lui impugna il bastone da passeggio, lei si risistema con un gesto che è diventato tutt’uno con lei la borsetta.

Li vedi allontanarsi all’orizzonte e sorridi.. poi butti l’occhio alla tua mano sulla panchina e quella a pochi centimetri da te, un’altra… lo senti l’impulso dentro.. anzi no.. è sul braccio.. dentro la spalla… nell’avambraccio tira da farti male.. e quando arriva alle dita è la fine.. la vedi muoversi e ti arrendi.. l’altra mano non sembra stupita e si annoda con la tua con la dolcezza del miele.. vedi che un sorriso in uno sgardo che non si sposta dal suo osservare innanzi si dipinge lentamente ma sicuro, anzi non lo vedi lo avverti, allora capisci
lo sai anke tu, oramai…

sono sempre e solo..
mani che cercano altre mani..

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